Il teatro al tempo del Covid-19,Di Lorenzo: “Non ci resta che piangere”

Nella foto, l'attore Francesco Di Lorenzo
Una vita divisa fra cinema (Malena, il caso Scieri), Tv (Squadra Antimafia 5, il Capo dei Capi, Caravaggio), teatro(Edipo a Colono, Un uomo qualunque), cortometraggi e doppiaggio. Spirito curioso e poliedrico l’attore siracusano Francesco Di Lorenzo ci racconta come sta affrontando questo durissimo periodo che, giocoforza, ha devastato il mondo della cultura, del teatro in particolare.
“Sembra che anche il coronavirus, scientificamente, abbia saputo che il settore su cui poter infierire sarebbe stato quello della cultura e dello spettacolo- esordisce Di Lorenzo-e’ ovvio che la mia è a metà strada tra una battuta ed una constatazione, ma fondamentalmente è così. Il settore della cultura sta pagando e pagherà un prezzo molto alto, da un punto di vista economico e lavorativo,  sull’altare dell’emergenza Covid-19. Lo spettacolo live, avendo come presupposto l’assembramento e la vicinanza di individui che assistono ad un evento, avendo come mezzo comunicativo, lo scambio emozionale tra artisti, quindi la loro necessaria vicinanza, per definizione e per ovvie ragioni, è stato tra i primi a chiudere i battenti e sarà tra gli ultimi, se non proprio l’ultimo a riaprire le attività. Non c’è via di mezzo, non c’è soluzione, non c’è alternativa. Ed anche quando si potrà riaprire, quanti, presi dalla paura, affolleranno nuovamente cinema, teatri, stadi, per assistere a spettacoli?”.
L’attore sottolinea le grosse difficioltà in ordine ad un’auspicata ripresa del settore.
“Il coronavirus rischia di distruggere definitivamente un settore che certo non era tra quelli più considerati in Italia-continua l’artista siracusano- noi d’altronde, poveri e miseri lavoratori dello show business, continuiamo a battere i pugni sul tavolo, cercando di mettere in evidenza ciò che nessuno vuol vedere: cosa sarebbe stata la nostra quarantena senza i film, i video, la musica, l’arte vista attraverso i nostri dispositivi multimediali? Di questo dovrebbero tener conto principalmente i nostri governanti,  per i quali siamo davvero invisibili o quasi. Ecco perché la mia paura, fondata, trasformerà migliaia di lavoratori bistrattati, in fantasmi che dovranno reinventarsi qualcosa. E non parlo solo degli artisti, ma anche delle migliaia di lavoratori e lavoratrici che svolgono la propria attività dietro le quinte. Nel mio piccolo-spiega Di Lorenzo- ho cercato di passare questi lunghi due mesi di quarantena, dando il mio contributo, il primo mese ogni giorno, ho registrato una pillola, pubblicandola sulla pagina dell’associazione con cui collaboro da anni. Ho recitato, poesie, piccoli monologhi, novelle, racconti. Ho fatto del bene a me stesso ed ho cercato di fare compagnia a chi ha avuto il piacere di ascoltarle. Ho letto, ho guardato molti film ed ho riflettuto tanto, come credo ognuno di noi, su aspetti della nostra vita che nello scorrere normale delle nostre giornate, quasi non trovavano tempo. Non voglio essere pessimista, perché comunque credo e spero che questa situazione, come ogni cosa, ha avuto un inizio ed avrà una fine. Ma vorrei salutarvi con il titolo di un film dell’indimenticato Massimo Troisi, che può raffigurare esattamente lo stato attuale,perchè per il momento,  “Non ci resta che piangere”.
SHARE