Lo sport al tempo del Covid-19, Agosta: “Sarà un anno sabbatico”

Nella foto Alessandro Agosta ai tempi della Prativerdi

Molteplici i suoi interessi, fra la ristorazione(produce un ottimo vino), il turismo e naturalmente il basket. Dieci anni fa stava riportando la pallacanestro siracusana alle soglie di palcoscenici prestigiosi, prima di un brusco stop che pose fine alla favola della Prativerdi in B dilettanti.E poi protagonista con l’Aretusa, in serie C silver, quando per seguire le partite al Palakradina bisognava arrivare almeno un’ora prima dell’inizio.

Alessandro Agosta rimane,indubbiamente, il miglior testimonial del basket siracusano degli ultimi quindici anni.  Spirito sensibile, Alessandro ha partecipato, in diverse circostanze, a varie iniziative legate al baskin, il basket che mette insieme normodotati e diversamente abili. Il suo sogno, si spera in tempi non troppo lunghi, è quello di mettere a disposizione dei più piccoli, la sua esperienza e competenza cestistica.

“L’aspetto della salute non può non essere il punto focale della vicenda-spiega Agosta- quindi finchè non si sarà trovata una cura efficace e un vaccino, la vita non potrà certo tornare ad essere quella di prima visto il tasso di contagio e di mortalità di questo virus. Per questo fermare tutto è stato doveroso e anche tardivo. Il basket, è chiaro che sia uno degli sport se non lo sport che presenta maggiori difficoltà per ripartire considerando che si gioca al chiuso, crea giocoforza assembramenti ed è un gioco di contatto. Quindi non sarà semplice dare linee guida efficaci per ripartire. Inoltre c’è l’aspetto sociale da prendere in considerazione, ovvero cercare di convincere,per quante rassicurazioni possano venir date, i genitori a far praticare ai loro figli un’attività che presenta evidenti rischi di contagio”.

L’ex capitano di Prativerdi e Aretusa ha le idee molto chiare sulla ripartenza.

“Alla fine di tutto si vivrà una sorta di anno sabbatico- continua Agosta- che creerà la moria di tante realtà e difficoltà indicibili ad un sistema basket che ormai, da troppo tempo, vivacchia di piccoli espedienti. Dopo ci saranno due strade: o come si suol dire quello che non uccide fortifica, e quindi che tutto il sistema ne esca riconvertito in maniera più cosciente e fruttifera, oppure che tutto ritorni com’era prima con pregi e difetti vari. Tifo per la prima, temo fortemente per la seconda”.